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Lectio Magistralis del Dott. Mario Alì

Pubblicato da admin | Pubblicato in Idee | Pubblicato il 13-03-2014

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 * Mario Alì – Direttore generale per l’Internazionalizzazione della ricerca del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR)

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Egregi dottori, professori, colleghi,

Trovo molto singolare e centrale il nome della vostra Associazione, infatti nella tradizione ebraica il cenacolo era quel locale della casa in cui la famiglia si riuniva per il pasto principale. Era una grande stanza posizionata nella parte alta della casa, un luogo tranquillo in cui si poteva serenamente cenare con i propri cari, ma anche elaborare idee con i propri amici più stretti. Ed oggi sono qui in mezzo a tanti amici. Permettetemi, come prima cosa, di ringraziare il Prof. Gianfranco Finzi, per aver pensato a me per venirvi a parlare stasera, il Prof. Gianfranco Morrone, per avergli creduto sulla parola e quindi avermi invitato, ed ultimo last but not least, il Prof. Gabriele Pelissero per avermi presentato in un modo talmente esemplare che saggezza vorrebbe di non continuare a parlare, per non rovinare la bella immagine che  lui fino ad ora vi ha dipinto del sottoscritto. Voglio ringraziarli davvero per la stima e l’amicizia nei miei confronti.

Oggi ci troviamo in questo meraviglioso luogo, nella sala delle Adunanze del Palazzo dell’Archiginnasio, con molti amici, grazie all’Associazione “Il Cenacolo delle Idee”, a disquisire su un tema che ritengo centrale per la crescita qualitativa e quantitativa di un sistema Paese, quello cioè della ricerca e dell’alta formazione come fattore di sviluppo. Una tesi, quasi provocatoria, che tenta di contrapporsi all’idea, ormai preminente, che la crescita di un Paese avvenga attraverso il meccanismo dei pareggi di bilancio.

Nel caso italiano, significa tagliare gli stipendi, utilizzare lo strumento della cassa integrazione o peggio i licenziamenti, salvo accorgerci però, magari dopo anni, che il pareggio di bilancio non è stato conseguito,  la crescita non ha avuto luogo e la situazione del Paese è precipitata sempre più verso il basso. Probabilmente, in un momento di crisi, non vi erano altre soluzioni immediate ma questi interventi hanno portato, inevitabilmente, ad un circolo vizioso che ha drasticamente tagliato i consumi e, come ritorno immediato, penalizzato le imprese. A tal riguardo mi sembra importante riferire alcune analisi statistiche che servono a fornire il quadro complessivo del mercato del lavoro in Italia in questo momento.

Secondo i dati CRIBIS  ripresi dal Sole24ore, solamente nell’ultimo trimestre del 2013 si sono registrati 4.257 fallimenti ed hanno chiuso circa 54 imprese al giorno, vale a dire circa due ogni ora. Lo scorso anno su tutto il territorio nazionale sono stati registrati 14.269 fallimenti, con un incremento pari al 14% rispetto ai dati del 2012,  e al 54% registrato nel 2009. Secondo i dati pubblicati dal Corriere della sera e verificati dal CERVED (Centri Elettronici Reteconnessi Valutazione Elaborazione Dati Business Information), Il 2013 è stato uno degli anni più duri della crisi: fallimenti, procedure non fallimentari e liquidazioni volontarie hanno superato tutti i record negativi e complessivamente si contano 111 mila chiusure aziendali, il 7,3% in più rispetto al 2012.

I dati dell’Osservatorio Mensile CIG e Occupazione della CISL per il gennaio 2014 relativi a occupati e disoccupati del III trimestre 2013 dicono che ci “…sarebbero 522.000 occupati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Peraltro 333.000 di questi posti di +lavoro persi sono riferibili al solo Mezzogiorno, con un aumento del divario territoriale. La perdita di posti di lavoro continua ininterrottamente e con ritmi sostenuti ed è indicativo che si riducano, e di molto, anche i contratti a termine e le collaborazioni.” Secondo il bollettino economico della Banca d’Italia (n.1 gennaio 2014) nel 2013 il PIL italiano è diminuito dell’1,8% e secondo le proiezioni più recenti crescerà moderatamente quest’anno (in media di circa lo 0,7%) con una previsione di crescita pari a circa  l’1% nel 2015  grazie alla ripresa degli scambi internazionali ed alla ripresa per quanto contenuta, degli investimenti. Sempre il quotidiano Repubblica, che riferisce dati ISTAT, il tasso di disoccupazione giovanile, per la fascia cioè tra 15 e 24 anni, a gennaio 2014 è pari al 42,4%. Si tratta del tasso più alto sia dall’inizio delle rilevazioni mensili dell’Istituto (gennaio 2004), sia  da quelle trimestrali, iniziate nel primo trimestre 1977. L’Istat spiega inoltre che il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,3% rispetto al gennaio 2013 (- 45 mila unità) e dello 0,1% rispetto  all’anno precedente (-9 mila).

A fronte di questi numeri, davvero inquietanti, in ambito Governativo bisogna dire che s parte sempre con programmi e proclami ambiziosi, per tentare di recuperare risorse utili per la crescita, ma si arriva quasi sempre a scontrarsi con la triste realtà e quindi a penalizzare, non si sa perché settori che al contrario dovrebbero essere tutelati al massimo, ovvero sanità e formazione, intesa quest’ultima come Scuola, Università e Ricerca, settori strategici per la crescita e la qualità del sistema Paese.

Come molti di voi sapranno, all’interno del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, mi occupo di ricerca internazionale, e da sempre mi sono dedicato ai temi dell’Università e della Ricerca. L’invito del Prof. Gianfranco Finzi e del Prof. Gabriele Pelissero, va certamente ricondotto anche al mio passato, alla mia storia professionale vissuta a fianco del Prof. Antonio Ruberti, che fu dapprima Rettore dell’Università “La Sapienza”, poi Ministro dell’Università e della Ricerca e in seguito Commissario per la Ricerca a Bruxelles e che, all’Università ed alla Ricerca, dedicò gran parte della propria vita.

Una cosa usava spesso sottolineare il Prof. Ruberti, che riconduce al lavoro che svolgo oggi. Egli ripeteva spesso che: “L’Università e quindi la ricerca, propulsori principali per lo sviluppo, sono nate Europee”.  Non può esserci Università e Ricerca[1] se non si crea uno Spazio Europeo della Ricerca, in cui i ricercatori possano incontrarsi e dialogare[2]. Ed io credo che questa sua affermazione sia molto vera, tanto  dal punto di vista storico quanto concettuale. Infatti vediamo che “…tra XII e XIII secolo nasce e si sviluppa in Europa quella che sarebbe divenuta una delle istituzioni più solide e importanti della storia intellettuale del nostro continente: l’Università[3]che, fin dalla sua nascita, si presenta come una realtà costruita sulle connessioni internazionali e sulla mobilità dei ricercatori.

Già a quel tempo, e nonostante le difficoltà dei trasporti dell’epoca, non era infrequente che studenti e professori si spostassero da Bologna “Alma Mater Studioriom[4], a Lovanio[5], alla Sorbona[6] o a Salamanca[7].

La grande rete presente in Europa e nel nostro Paese “…in particolare, di abbazie  e monasteri,  contribuì certamente alla formazione di uno spazio culturale su scala continentale. Le università che si sviluppano anche attraverso le scuole episcopali o vescovili, contribuirono alla creazione di uno spazio culturale Europeo che è poi quello che Krzysztof Pomian[8] definisce la “prima unificazione intellettuale Europea[9][10].

L’Europa della Scienza e della Tecnologia[11] era una priorità assoluta per Antonio Ruberti, e nel suo programma  costituiva al tempo stesso una realtà, un processo in atto e un ideale da raggiungere. “…Una realtà storica e contemporanea che è esistita in passato e oggi si materializza in una serie di istituzioni e di programmi. Un processo in atto, essendo la costruzione Europea della scienza un’impresa di grande respiro che impegna da anni migliaia di scienziati e responsabili della ricerca di tutti i Paesi dell’Unione europea, ma anche un ideale da raggiungere, essendo l’obiettivo ultimo la realizzazione, attraverso il contributo e il superamento delle iniziative prese fino ad oggi, di un’autentica politica europea della ricerca, che ancora compiutamente non esiste, o se esiste è efficace solo in parte e per alcuni aspetti[12].”

Molti di noi si riconoscono in queste citazioni di matrice europeistica, che riguardano certamente il processo complessivo di costituzione Europea. Bisogna però ammettere che, per molti altri, l’idea di Europa non rappresenta più la causa e l’ideale che incarnava fino a pochi anni fa.  Lo slancio della fine degli anni 80’ ed in parte 90’, ha perso, in molti Stati membri e anche nel nostro Paese, parte della sua forza, e il programma di costruzione europea non suscita più quelle passioni che ancora accendeva fino a pochi anni fa.  D’altro canto oggi, dato  il tempo che stiamo vivendo di risorse finanziarie  ridotte a livello nazionale, si ricomincia a guardare con maggiore interesse ai programmi Europei. Infatti a mio avviso la creazione dell’Europa della Scienza e della Tecnologia introduce oggi una nuova dimensione nell’impresa scientifica, capace di ravvivare un interesse che sembrava affievolito. L’obiettivo non è mai stato quello di  europeizzare la ricerca, o accrescere la spesa in tal senso  a livello europeo, bensì quello di accrescere la coerenza tra tutti gli strumenti utilizzati dai singoli Governi, individuando obiettivi comuni, con il fine di far convergere verso scopi sinergici le iniziative avviate, sia a livello comunitario sia nei diversi Paesi europei. Cucire in altre parole con un filo rosso le ricerche nazionali tra di loro e armonizzarle per ottimizzare gli sforzi.

Tornando ai giorni nostri “L’idea di Spazio Europeo della Ricerca (European Research Area – ERA) nasce formalmente con la Comunicazione della Commissione Europea del Gennaio 2000 “Verso uno Spazio Europeo della Ricerca”.[13] I Capi di stato e di Governo europei riuniti a Lisbona quello stesso anno proposero una nuova strategia intitolata appunto ‘Strategia di Lisbona’[14], con l’obiettivo di fare dell’Europa: “…entro il 2010, l’economia basata sulla conoscenza, più dinamica e competitiva del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”[15], riprendendo in gran parte le linee generali del libro bianco[16] del Presidente Delors[17] che riguardava principalmente gli aspetti della competitività, dell’occupazione e dei giovani in Europa. Nel 2002 al nuovo vertice europeo di Governo decisero l’integrazione della Strategia di Lisbona, dandole una nuova tabella di marcia e proponendo il target del 3% del PIL investito in Ricerca entro il 2020 [18].  Il lancio della cosiddetta ERA Vision 2020, prevedeva la definizione di una nuova quinta “libertà” per l’Europa dopo la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, ovvero la libera circolazione dei ricercatori, delle conoscenze e delle tecnologie.

Dopo questa panoramica, credo di poter affermare che forse negli ultimi anni c’è stata, perlomeno in Italia, una minore attenzione strategica alle innovazioni legislative che riguardavano l’attuazione di questa “quinta libertà”.  In particolare nel settore della ricerca e dell’università, settore che ha visto nel passato certamente tempi migliori. Dapprima negli anni ’70, caratterizzati dai provvedimenti di emergenza, conclusisi con la legge sulla sperimentazione ed il riordino della docenza, in seguito negli anni ’80, in cui il Parlamento tornò a legiferare sull’Università, non sotto la pressione dell’emergenza, ma nel tentativo di realizzare una riforma organica e articolata, che tentasse di affrontare alcuni degli squilibri che colpivano l’Università e che potevano essere riassunti in tre grandi settori:

a. squilibri territoriali – tra nord e sud del Paese e tra sud e sud;

b. squilibri settoriali – che riguardavano principalmente la distribuzione delle risorse universitarie tra le diverse aree disciplinari;

c. squilibri dimensionali – tra grandi Atenei e piccoli Atenei.[19]

Proprio per questo, di fronte a questa situazione, nel maggio 1989, si sentì l’esigenza di creare, con la legge 168[20], un quadro di riferimento nazionale che prevedesse l’istituzione del Ministero unico dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, con lo scopo tra l’altro, di armonizzare parte degli squilibri sopracitati, attraverso un coordinamento, un indirizzo ed una programmazione delle attività di ricerca ed alta formazione. Soprattutto di produrre e guidare un progetto di innovazioni legislative, con il nome di progetto “Quadrifoglio”, che serviva a creare le basi su cui costruire il nuovo sistema Universitario nazionale. I quattro pacchetti normativi del progetto Quadrifoglio prevedevano:

  1. la programmazione universitaria – che serviva alla riorganizzazione ogni tre anni degli Atenei e degli Istituti di ricerca;
  2. gli ordinamenti didattici – che introdusse il diploma universitario di 1° livello prevedendo la riforma del CUN, Consiglio
    Universitario Nazionale[21], non più presieduto dal Ministro ma da un membro eletto dallo stesso Consiglio;
  3. il diritto allo studio – rivolto ai fruitori dell’Università, ossia agli studenti; un’iniziativa che era rivolta ad assicurare la piena applicazione del dettato Costituzionale che garantiva ai capaci e meritevoli l’accesso ai più alti gradi dell’istruzione;
  4. autonomia delle Università e degli Enti di ricerca – che doveva servire a tenere in equilibrio, da parte dello Stato, tutto il settore universitario relativamente sia agli aspetti disciplinari sia agli aspetti territoriali.  Ma questa ultima legge purtroppo naufragò[22].

Ricordo ancora l’intervento in aula del Ministro pro-tempore promotore della legge, era il 29 gennaio 1992.  Ruberti disse in tale circostanza “…viene bloccato un processo ispirato a obiettivi di crescita della trasparenza e della responsabilità.  Non è la prima volta che ciò si verifica nella storia dei processi di riforma, salvo i pentimenti postumi che sembrano dar ragione a chi, con ironia, ha detto:  c’è sempre tempo per arrivare tardi[23] [24].

Questa nuova ondata di attenzione da parte del Governo sull’Università  portò, tra le altre cose, agli inizi degli anni ‘90 ad una valutazione estremamente positiva da parte dell’OCSE[25], del nostro sistema di ricerca e formazione. L’OCSE  collocò il nostro Paese tra il 5° e 6° posto tra i Paesi più industrializzati nel mondo, ed il nostro PIL in ricerca  raggiunse la quota dell’1.45%. Oggi siamo in questo settore tra le ultime posizioni in Europa ed il nostro investimento in ricerca è ben lungi dall’essere cresciuto[26].

Questa non è altro che una fotografia sbiadita del passato che sono orgoglioso di aver vissuto in prima persona, che ci aiuta a capire quanto importante e urgente sia ritornare ad una buona organizzazione del sistema Universitario[27] e della ricerca.  Ma perché questa puntualizzazione sull’Europa? Io credo perché l’Università e la ricerca per crescere hanno bisogno di uno Spazio Europeo aperto.  Lo spazio in questione è lo spazio intellettuale, scientifico e culturale che avrebbe dovuto crescere, contemporaneamente allo spazio economico (e politico), previsto nella costruzione Europea.

In questa ottica  e per  fronteggiare gli effetti della crisi finanziaria, la Commissione ha proposto nel 2010 la nuova strategia politica, Europa 2020[28], a sostegno dell’occupazione, della produttività e della coesione sociale in Europa. La Commissione, ha redatto tale documento riconoscendo la profonda trasformazione che l’Unione europea (UE) stava vivendo, in relazione a fenomeni quali la globalizzazione, il cambiamento climatico e dell’invecchiamento della popolazione, vale a dire le cosiddette grandi sfide della società. Tale strategia non mira però soltanto a trovare soluzioni per uscire dalla crisi, ma vuole anche colmare le lacune del nostro attuale modello di crescita e creare le condizioni per un diverso approccio di sviluppo economico più etico. La Strategia[29] è basata infatti su tre grandi priorità ovvero:

  1. crescita intelligente, sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione;
  2. crescita sostenibile, che vuol dire promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva;
  3. crescita inclusiva, cioè promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale[30].

Tali priorità si declinano secondo 5 obiettivi:

  • Occupazione:  innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni)
  • R&S / innovazione: aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo ed innovazione al 3% del PIL dell’UE (pubblico e privato insieme)
  • Cambiamenti climatici /energia (20/20/20): riduzione delle emissioni di gas serra del 20% (o persino del 30%, se le condizioni lo permettono) rispetto al 1990;   20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili; aumento del 20% dell’efficienza energetica
  • Istruzione: riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10% e aumento al 40% dei 30-34enni con un’istruzione universitaria
  • Povertà / emarginazione: almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in meno[31].

A mio parere però, e mi preme sottolineare questo punto, bisogna riflettere molto bene su questi obiettivi tutti in realtà concatenati tra di loro, legati da una scadenza senza appello, appunto il 2020, che riguardano il nostro futuro, ossia i nostri giovani.  Questo infatti è l’elemento più interessante, quello che riguarda maggiormente il nostro ragionamento di stasera, ovvero che Europa 2020 riconosce come azione fondamentale per il futuro, l’investimento per la realizzazione di una  “Knowledge-based society”, in cui far convergere “conoscenze e competenze”, ovvero il ”capitale immateriale” che è indiscutibilmente la nuova ricchezza delle Nazioni[32].

Tale capitale oggi sempre più, si manifesta come l’unica ricchezza duratura, reale che possiamo dare ai nostri giovani ed è importante partecipare, non solo alla costruzione di questa ricchezza, ma soprattutto alla sua equa distribuzione, pena l’aumento delle distanze tra la sempre crescenti ricchezze di alcuni e il formarsi di nuove povertà, quindi l’aggravarsi delle già esistenti disparità tra Nord e Sud del mondo, tra i differenti Paesi d’Europa, tra Nord e Sud del nostro Paese e ancora tra Sud e Sud. Infatti è ormai condiviso da tutti che esiste una linearità perfetta tra: conoscenza e competenza che creano il capitale immateriale (ricerca e alta formazione) ―› innovazione ―› sviluppo ―› crescita ―›occupazione.[33] [34]

Da qui l’esigenza, oggi, di guardare ad una nuova lettura della globalizzazione, nella quale la crescita di una società non avviene solo ed esclusivamente attraverso lo scambio di merci e materiali, o attraverso le attività borsistiche o dei mercati,  ma è profondamente legata alla produzione dei saperi, ovvero alla ricerca: gli elementi propulsori per generare attività economiche e nuovi mercati.

La consapevolezza che l’investimento in ricerca crea valore aggiunto è confermata dai dati contenuti nella prima e più importante delle iniziative di attuazione della strategia Europa 2020, ovvero Innovation Union[35], pubblicata nel 2010. Gli studi di Innovation Union affermano che: “…se nel 2020 si raggiungesse l’obiettivo comune del 3% del prodotto interno lordo (PIL) europeo investito in R&S, si avrebbe come probabile conseguenza la creazione di circa 3.7 milioni di nuovi posti di lavoro, di cui almeno 1 milione di nuovi ricercatori, ed un conseguente aumento del PIL europeo di circa 800 miliardi di euro entro il 2025”. Non è un caso che il sottotitolo del programma di ricerca europeo Horizon 2020 sia appunto: dalle idee al mercato.  

Conoscenze, competenze, alta formazione e ricerca sono le basi su cui edificare lo sviluppo, ed insieme concorrono ad alimentare la ricchezza di un Paese; senza tali fondamenta, non può esserci innovazione, sviluppo, e quindi crescita e occupazione.

Personalmente ritengo che la crescita qualitativa e quantitativa di un Paese possa avvenire soltanto se si avrà la capacità di attuare un’ ampia coesione, al fine di far convergere gli sforzi dei vari attori impegnati in tale settore, su grandi obiettivi condivisi, che siano di riconosciuto respiro Europeo ed internazionale.

  • Coesione di natura socio-economica, per creare le condizioni di aggregazione intorno a tematiche prioritarie per la società quali la ricerca;
  • Coesione di natura operativa, per focalizzare l’attenzione verso tali priorità, evitando la duplicazione degli sforzi e la dispersione delle risorse, sia umane, sia finanziarie.

Quando nel passato si delineò la struttura[36] di quello che sarebbe poi diventato lo Spazio Europeo della Ricerca, si aveva ben chiara l’importanza che tale settore avrebbe avuto nello sviluppo futuro dell’Europa, sia come volano dell’economia Europea, sia come strumento per favorire il processo coesivo tra gli Stati membri dell’Unione[37]. Come appunto diceva Ruberti:

“La realizzazione dell’Europa della Scienza e della Tecnologia è al tempo stesso, un processo ed un’impresa. Un processo sostenuto da una logica storica, geopolitica e propriamente scientifica, in parte autonoma nella cui dinamica è opportuno inserirsi; ma anche un’impresa che mobilita uomini e istituzioni, che avrà successo solo grazie all’immaginazione, all’energia, alla perseveranza, in una parola grazie all’entusiasmo”.[38]

Questa visione del futuro europeo si muoveva simmetricamente a quella con cui Robert Schuman[39] tratteggiò il profilo dell’allora nascente Unione Europea: la consapevolezza che solo dalla coesione europea poteva venire pace e prosperità all’Europa stessa ed al Mondo intero. Dietro alle idee di questi due grandi uomini c’era una strategia complessiva rivolta al futuro che travalicava sia lo stretto dominio della politica sia quello della scienza[40]. Nella partita complessa di mettere a sistema così tante e diverse esperienze Universitarie e di Ricerca, in tutti i 28 Paesi dell’Unione, il compito più difficile, ma anche il più stimolante, era quello, ed è ancora quello, di conseguire il risultato. Ma per ottenere questo c’è un forte bisogno oggi che le Università e la ricerca non vengano più percepite dai Governi nazionali come materie di esclusiva pertinenza degli “addetti ai lavori”, ma come elementi centrali delle strategie politiche e di Governo[41].

L’iniziativa di oggi, e vi sono davvero grato per avermi dato l’opportunità di parlarvene, vuol essere un’occasione per richiamare l’attenzione del mondo scientifico, produttivo e professionale sull’importanza della partecipazione, come protagonisti, alla creazione di una casa comune Europea,[42] proseguendo nella costruzione di un’ Europa dei popoli, senza lasciare ad altri la responsabilità di guidare il processo.

L’Italia sta tentando, insieme agli altri partner europei, di allentare la morsa di una crisi economica tra le più aspre degli ultimi decenni, con evidenti conseguenze non solo economiche, ma anche sociali e culturali. Certamente gli effetti di tale crisi oggi si riverberano da un Paese all’altro in maniera più rapida rispetto al passato, a causa dei mutamenti subiti dalla società globale e dalla rapidità degli scambi e delle comunicazioni intervenute dal secondo dopoguerra ad oggi. E questa velocità di rapporti amplifica e spesso è concausa del precipitare degli effetti di tale crisi. Da questo punto di vista il futuro programma di ricerca dell’Unione europea Horizon 2020[43] rappresenta una straordinaria opportunità, sia per i ricercatori che per l’intera macchina produttiva europea: tale programma mira a rafforzare ed ampliare l’eccellenza della base scientifica dell’Unione e a consolidare l’ERA, al fine di rendere il sistema europeo di ricerca e innovazione più competitivo su scala mondiale.

Esso prevede, oltre ai temi di ricerca che oggi risultano centrali per la crescita, anche un investimento in ricerca per il periodo 2014-2020 di circa 80 miliardi di euro[44], con un sostanziale incremento rispetto ai programmi quadro precedenti.[45] Infatti il primo programma quadro del 1984[46] aveva uno stanziamento di circa 3 miliardi di euro attuali, e via via c’è stato un incremento fino al 6° Programma quadro con un budget di circa 20 miliardi di Euro e al 7° programma quadro, il cui stanziamento complessivo era di 53 miliardi [47].

Ma lo sforzo fatto dall’Europa con Horizon 2020 è davvero impressionante: sia in percentuale, visto che l’incremento finanziario rispetto al 7° è stato di circa il 47%, sia concettuale dal momento che il tema della ricerca è rubrica stato il settore del bilancio UE che abbia avuto, in questi tempi di crisi, una crescita degna di nota, a dimostrazione che l’Europa è consapevole della relazione tra ricerca e occupazione.

Permettetemi ora di ripercorrere brevemente quelli che sono gli obiettivi principali del programma Horizon 2020, che dovrà:

  • prevedere strumenti incentivanti che consentano di realizzare una effettiva e libera mobilità dei ricercatori, una equità di opportunità tra i generi, un’attenzione primaria della formazione e in genere della vita delle risorse umane per la ricerca europea;
  • favorire il passaggio da un approccio lineare ad un approccio di sistema nella progettualità. Si ritiene infatti che la ricerca debba essere organizzata per obiettivi e  con l’unificazione degli strumenti di finanziamento europei a sostegno della Ricerca e dell’Innovazione;
  • prevedere il coordinamento delle politiche nazionali e regionali, sviluppato su più piani, dalla Programmazione Congiunta della Ricerca, per il sostegno della filiera formazione-ricerca-innovazione-produzione;
  • rafforzare il ruolo dell’impresa;
  • prevedere di rispondere maggiormente a criteri di flessibilità, semplificazione e uniformità delle procedure amministrative.

Il nuovo Programma raggruppa tutti i finanziamenti dell’UE per la ricerca e l’innovazione in un unico quadro di riferimento,  per facilitare la trasformazione delle nuove conoscenze scientifiche in prodotti e servizi innovativi, al fine di stimolare la crescita e l’occupazione. Il programma è strutturato su tre pilastri:

  • Eccellenza scientifica
  • Leadership industriale
  • Sfide della società

E’ proprio nell’ambito delle sfide della società, a cui è destinato un budget complessivo di 29 679 milioni di euro, che trova il suo baricentro il tema della salute con un budget di 7 472 milioni di euro pari al 9,7% del Programma Horizon 2020. La sfida denominata “Salute, evoluzione demografica e benessere”, è articolata su 7 attività specifiche:

1.       Comprendere la salute, il benessere e le malattie

2.       Prevenire le malattie

3.       Trattare e gestire la malattia

4.       Invecchiamento attivo e autogestione della salute

5.       Metodi e dati

6.       Assistenza sanitaria e cure integrate

7.       Aspetti specifici legati all’attuazione

La partecipazione al programma avviene tramite la pubblicazione di bandi di gara europei aperti a tutti i soggetti (università, imprese, centri di ricerca) dell’Unione e dei Paesi associati al programma Horizon 2020. La prima tornata di bandi è già aperta e tutte le informazioni sono reperibili sul participant portal della Commissione Europea.  Le condizioni minime di partecipazione prevedono il coinvolgimento di almeno 3 soggetti di 3 Stati differenti, con l’eccezione dei bandi dello European Research Council e di alcune azioni specifiche per le piccole imprese. La priorità intende quindi affrontare la promozione della salute, l’invecchiamento attivo, il benessere e la prevenzione delle malattie sostenendo l’azione di ricerca sulla comprensione dei fattori determinanti della salute, sugli strumenti efficaci di prevenzione, come i vaccini, le metodologie di sorveglianza delle malattie e da adeguati programmi di screening.  Per comprendere meglio i legami tra la salute e malattie viene ritenuto necessario sviluppare una connessione tra le ricerche fondamentali, cliniche, epidemiologiche e socioeconomiche. Una maggiore condivisione dei dati e l’attuazione in campo clinico dei risultati della ricerca.

Una delle sfide prioritarie per la società in questo ambito consiste nell’adeguarsi alle mutate esigenze assistenziali causate dall’invecchiamento della popolazione. Di analoga importanza è la diffusione di innovazioni tecnologiche, organizzative e sociali che consentano di coinvolgere gli anziani, le persone con malattie croniche e le persone con disabilità affinché restino attivi e indipendenti.

Accanto a questi strumenti che fanno parte integrante di Horizon 2020 sono presenti in ambito europeo una serie di iniziative sviluppate congiuntamente con gli Stati membri o tramite strutture giuridiche ad hoc. Si tratta di importanti iniziative che sono state sviluppate ai sensi degli articoli 185 e 187 del Trattato, o autonomamente dagli Stati membri con iniziative di programmazione congiunta.

In questo ambito rientrano l’iniziativa ai sensi dell’ art. 187 del Trattato europeo denominata  IMI 2 (Innovative Medicines Initiative), per il miglioramento dei processi di sviluppo dei farmaci. Il budget di IMI 2 è di 3 miliardi e 45 milioni di cui 1 miliardo e 725 milioni provenienti da Horizon 2020  ed il rimanente proveniente  dall’ EFPIA, (the European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations) e aziende private.

Ai sensi dell’art. 185 del Trattato verrà finanziato il secondo programma di partenariato tra Europa e Paesi in via di sviluppo per gli studi clinici (European and Developing Countries Clinical Trials Partnership Programme – EDCTP2), questo finalizzato alla lotta contro l’HIV/AIDS, la tubercolosi, la malaria, la malattia del sonno o le infezioni da parassiti.  Per quanto riguarda il budget di EDCTP2 il contributo comunitario è di 680 milioni di euro, proveniente da Horizon 2020.

Credo concorderete sul fatto che il nuovo programma di ricerca dell’UE rappresenta quindi una grossa sfida per l’Italia, che deve porsi dei target di ritorno più ambiziosi rispetto a quelli conseguiti nei programmi quadro precedenti. Come ho più volte asserito in passato, non è più sostenibile una situazione che ci ha portato a raccogliere meno di quanto abbiamo investito: investire il 14% e raccogliere l’8% è una sconfitta per la comunità scientifica italiana nel suo complesso (Fonte ANSA).

Un’altra delle grosse novità di Horizon 2020 è l’attenzione data all’aspetto dell’innovazione, intesa come creazione di valore sociale ed economico e quindi come atto finalizzato a portare sul mercato prodotti, servizi o soluzioni tecnologiche che siano nuovi o migliorati. Il focus non è più esclusivo sulla ricerca e sullo sviluppo tecnologico come nel 7° PQ, ma tiene invece conto anche dei successivi sviluppi, al fine di colmare il gap tra ricerca e mercato. Horizon 2020 copre, nella sua generalità, l’intera filiera di ricerca e innovazione utilizzando vecchi e nuovi strumenti da focalizzare su tutta o parte della filiera stessa.

Io mi auguro che la valorizzazione delle iniziative nazionali, possano costituire una solida base per competere con successo nel nuovo contesto di Ricerca e Innovazione di Horizon 2020, dando il massimo valore alle specificità italiane e contribuendo alla competitività nel complesso quadro economico e finanziario globale di questi anni. A tal riguardo è importante ricordare che, in Horizon 2020, una linea importante di finanziamento riguarda la tutela del patrimonio culturale. Si tratta di una priorità voluta dall’Italia, che ha difeso in sede europea con grande forza il concetto della ricerca finalizzata al “Cultural Heritage” pretendendo, nei confronti della Commissione, che avesse pari dignità rispetto ad altre sfide per la società come la difesa dell’ambiente, l’energia o le tematiche legate alle nuove tecnologie.

A supporto di questa azione è stata promossa una iniziativa di programmazione congiunta, sempre sul patrimonio culturale, della quale l’Italia è coordinatrice generale sin dalla sua approvazione nel 2009. Mi sembra importante chiarire come debba essere inteso il concetto di patrimonio culturale: non stiamo parlando solo di monumenti e opere d’arte, ma anche di patrimonio immateriale, inteso dalle convenzioni dell’UNESCO anche come l’insieme di quelle tradizioni che fanno parte dell’eredità europea[48].

Ma torniamo un attimo ora all’analisi socio-economica della situazione globale e in quella specifica dell’Italia in tale contesto. Infatti, durante questo arco temporale medio lungo, l’economia italiana ha subìto una progressiva e considerevole battuta d’arresto, rispetto alla media europea, rallentamento che si è andato a sovrapporre alla crisi economica globale iniziata alla fine del 2008. Questo complesso di fattori ha portato ad un aumento esponenziale della disoccupazione giovanile che, come dicevamo prima,  si aggira oggi intorno al 42,24%, a fronte di una già elevata media Europea del 24%.

Inevitabilmente aumentano le difficoltà dei giovani a formare nuovi nuclei familiari con conseguenza di una netta diminuzione delle nascite e in concomitanza dell’aumento dell’aspettativa di vita, ad un inevitabile aumento della percentuale degli anziani.  Infatti le proiezioni delle Nazioni Unite indicano che in Italia nel 2050, 1 persona su 3 sarà oltre i 65 anni[49]. Diminuisce l’occupazione, calano le imprese, diminuiscono i nostri giovani, aumentano gli anziani.

Una domanda spontanea che credo dovremmo porci è:  chi sosterrà le spese per i futuri anziani? Su questo tema il nostro Ministero insieme all’Accademia Nazionale dei Lincei, ha iniziato fin dal dicembre 2012, un percorso di studio e di ricerca in collaborazione con l’OCSE, elaborando un Position Paper nazionale sul tema appunto della Ageing Society[50].  Il lavoro svolto ha tentato di individuare, insieme a tutti i principali attori istituzionali del Paese, le criticità sociali legate a tale tema, provando a tratteggiare le possibili soluzioni.   Questo al fine, tra l’altro, di invertire la percezione che gli anziani costituiscano un “peso” per la società, leggendo la Ageing Society come una possibile risorsa, anche in relazione ai temi della ricerca dell’innovazione e della formazione. Contribuire a riaccendere l’attenzione sulle vere priorità per il nostro Paese, è diventato indispensabile ed occorre farlo secondo una logica di massima coesione, soprattutto in vista degli importanti appuntamenti che si profilano nel prossimo futuro.

Infatti dal primo gennaio 2014, l’Italia si trova coinvolta nella fase preliminare del proprio semestre di Presidenza dell’Unione Europea, che prenderà formalmente avvio dal 1° luglio 2014[51], e nell’ambito di tale semestre si terranno tra l’altro le prime elezioni europee, che tutti vorremmo si rifacessero a quel sogno europeo, così come concepito alla fine del secondo conflitto mondiale dai padri fondatori dell’Europa[52], che si basava su principi altissimi:  l’idea di una pace duratura tra i popoli europei, dopo millenni di guerre, con l’idea dell’appartenenza ad una patria comune, un’Europa senza frontiere. Lasciatemi ricordare che tale sogno parlava allora in gran parte italiano, e non è un caso che per la fondazione del mercato comune europeo e la firma dei relativi trattati all’epoca, la sede scelta fosse Roma. La voce dell’Italia allora contava eccome in Europa: tra i padri fondatori dell’Europa si annoverano ben 2 grandi italiani, ovvero  Altiero Spinelli, e Alcide De Gasperi, con un solo tedesco Konrad Adenauer.

Alcide De Gasperi, primo Presidente nel 1954 dell’Assemblea della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la CECA, da cui poi nacque l’Unione europea, guidava un Paese uscito da una guerra che lo aveva lasciato stremato e sul lastrico,  e sapeva molto bene che non si può ricostruire se non su basi solide. Nel suo discorso di insediamento come presidente della CECA, affermava che: “…all’origine di questa civiltà europea si trova il cristianesimo, non intendo con ciò introdurre alcun criterio confessionale esclusivo, nell’apprezzamento della nostra storia. Soltanto voglio parlare del retaggio europeo comune, di quella morale unitaria che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo fermento di fraternità evangelica, col suo culto del diritto ereditato degli antichi, col suo culto della bellezza affinatesi attraverso i secoli, con la sua volontà di verità e di giustizia acuita da un’esperienza millenaria”[53].

Io penso che, pur nel pieno rispetto di tutte le strategie ed i documenti ufficiali che ho citato, sia su basi così solide e vere allora come oggi, si possa a buon diritto pensare di ripartire anche in questo momento di crisi, attuando il cambiamento, per costruire un futuro di speranza per i nostri figli e per le generazioni future. E per concludere permettetemi di citare un breve estratto del Position Paper del MIUR sulla Ageing Society, che mi sembra davvero appropriato: “…è alle necessità immateriali che si lega, prima fra tutte, la conservazione e la trasmissione della memoria… …A prescindere dalle convinzioni religiose, la conservazione e trasmissione della memoria è un requisito indispensabile per l’umanità e un tentativo estremamente umano proteso al raggiungimento di una sorta di immortalità.”[54]

Conservare la memoria ed utilizzare solide fondamenta per costruire il nostro futuro in Europa, nel solco del pensiero di De Gasperi e di Spinelli. Ancor quando i due fossero di schieramenti politici opposti, entrambi sapevano bene che solo sulle persone e sulle idee si costruisce, non sui beni materiali. Bisogna  rivolgere lo sguardo verso nuovi orizzonti, verso uno Spazio più aperto, senza confini, in una chiave più ottimistica nell’interpretazione del nostro futuro. Uscire dall’attuale difficoltà e cominciare a ragionare in una chiave nuova.

Dovremmo, a mio avviso, convincerci e convincere che le sfide del futuro, la crescita del Paese, passano soprattutto attraverso la crescita della qualità dei suoi cittadini, e quindi attraverso l’Istruzione, l’Alta formazione e la ricerca e solo con una forte consapevolezza, partecipazione e  coesione di tutti gli attori coinvolti in questi settori, si potrà partecipare a testa alta al completamento dello Spazio Europeo della Ricerca e quindi al completamento del sogno europeo.[55]

 Referenze

De Gasperi, A., Allara, G. e Gatti, A, (1990), ”Alcide De Gasperi e la politica internazionale”, Edizioni Cinque Lune, Roma.

  1. Alì, M., Cinquepalmi, F. (ed.), (2013), Italian Ministry for Education Universities and Research “Italian Preliminary Position Paper, Moving forward an Ageing Society: Bridging the Distances”, Roma 2013
  2. Banca d’Italia Eurosistema,(2014). Bollettino Economico, Numero 1, Roma.
  3. Banca d’Italia Eurosistema, (2013). Bollettino Economico, Numero 74, Roma.
  4. Briasco, L. (a cura di) (2012). Senato della Repubblica, Servizio Affari Internazionali, Ufficio dei rapporti con le Istituzioni dell’Unione europea, XVI Legislatura, “Programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) ORIZZONTE 2020”, Dossier n. 87/DN.
  5. Camera dei Deputati, (1992). Atti parlamentari, X Legislatura – Discussioni – Seduta n.755 del 29 gennaio 1992, Roma.
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  10. Commissione Europea, (2008).“Nuovi fondi, regole migliori”, Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità Europee.
  11. Commissione Europea, (2010). Comunicazione della Commissione “EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, COM(2010) 2020 definitivo, Bruxelles.
  12. Commissione Europea, (2010). “Iniziativa faro Europa 2020, L’Unione dell’innovazione” COM(2010) 546 definitivo, SEC(2010) 1161, Bruxelles.
  13. Consiglio dell’Unione Europea (2008). Risultati dei lavori del Consiglio “Competitività” del 29 e 30 maggio 2008, oggetto “Conclusioni del Consiglio sul tema “Avviare il Processo di Lubiana – Verso la piena realizzazione del SER”, N. doc.10231/08 RECH 200 COMPET 216. Bruxelles.
  14. European Commission, (2012). COM(2012) 392 final, “A Reinforced European Research Area Partnership for Excellence and Growth”, Bruxelles.
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  18. Ludovisi, F. (2010). “Focus. Europa 2020. La via d’uscita europea dalla crisi”. In Focus ISFOL, numero 2010/1.
  19. Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, (2013). Regolamento (UE) N. 1291/2013 “istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE”.
  20. Pascale, A. (a cura di) (2003). “Antonio Ruberti scienziato, politico, umanista” Napoli.
  21. Picozza E. e Police, A. (a cura di), (2013). “Competizione e governante del sistema universitario”, in Ditirro dell’Economia, G Giappichelli Editore, Torino.
  22. Pomian, K. (1990). “L’Europa e le sue Nazioni”, Il Saggiatore, Milano.
  23. Quaderni della Fondazione A.J. Zaninoni (2005).“La scienza e la tecnologia, chiavi del futuro dell’Europa: linee guida per la politica di sostegno alla ricerca dell’Unione: risoluzione del Parlamento europeo: Rapporto Locatelli”, Associazione Amici della Fondazione A.J. Zaninoni, Bergamo.
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  25. Sirilli, G. (a cura di) (2010), “La produzione e la diffusione della conoscenza ricerca, innovazione e risorse umane”. Fondazione CRUI.
  26. Spadafora, P., (2007). “Innovare la Calabria. Fondi Strutturali e Programmi Comunitari 2007-2013: la sfida europea dell’innovazione per far crescere una regione”, UNI Service Trento.
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  28. Università Cattolica del Sacro cuore, Centro di ricerche per lo studio della Dottrina sociale della Chiesa (2004), “Dizionario di dottrina sociale della Chiesa”, Via e Pensiero, Milano.

 Website

 Alcide De Gasperi nella storia d’Europa website (www.degasperi.net/index.php)

  1. Ambasciata d’Italia a Parigi website (www.ambparigi.esteri.it/Ambasciata_Parigi/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_Culturale/Universita_Accademie/)
  2. Banca d’Italia website (www.bancaditalia.it/)
  3. Department of Economic and Social Affairs, Population Division, United Nations website (www.un.org/en/development/desa/population/theme/ageing/index.shtml)
  4. Europa 2020: strategia per la crescita nell’Unione europea, Unione Europea website (europa.eu/legislation_summaries/employment_and_social_policy/eu2020/em0028_it.htm)
  5. European Commission IP/11/1475 (2011), Orizzonte 2020: La Commissione propone investimenti per 80 miliardi di euro alla ricerca e all’innovazione al fine di stimolare la crescita e l’occupazione, European Union website (europa.eu/rapid/press-release_IP-11-1475_it.htm?locale=en)
  6. European Research Area, European Commission website (ec.europa.eu/research/era/index_en.htm)
  7. Financial Programming and Budget, Multiannual Financial Framework, European Commission website (ec.europa.eu/budget/mff/index_en.cfm)
  8. Fondazione Antonio Ruberti website (www.fondazioneantonioruberti.it/)
  9. Horizon 2020, European Commission website (ec.europa.eu/programmes/horizon2020/en)
  10. I padri fondatori dell’UE, Unione Europea website (europa.eu/about-eu/eu-history/founding-fathers/index_it.htm)
  11. Impresa e Territori, Il sole 24 ore website (www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2014-01-23/in-italia-chiudono-due-imprese-ogni-ora-cinque-anni-perse-60mila-aziende-174528.shtml?uuid=ABjyzjr)
  12. KU Leuven (Katholieke Universiteit) website (www.kuleuven.be/about/history-of-ku-leuven)
  13. L’Italia protagonista nel programma europeo di ricerca, Servizio Informazione Religiosa website (agensir.it/sir/documenti/2013/12/00277165_l_italia_protagonista_nel_programma_europ.html)
  14. Obiettivi della strategia Europa 2020, Commissione europea website, (ec.europa.eu/europe2020/europe-2020-in-a-nutshell/targets/index_it.htm)
  15. Ricerca: l’impossibile a portata di mano, Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran) Informa website, (www.aranagenzia.it/araninforma/index.php/luglio-2013/183-aran-in-europa/686-aran-in-europa-3
  16. Spazio Europeo della Ricerca, Ricerca Internazionale, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca website (www.ricercainternazionale.miur.it/era.aspx)
  17. Università di Bologna website (www.unibo.it/it)
  18. Università di Salamanca website (internacional.universia.net/espanya/usal/inf_general_it.htm)

 Edito  in Roma

Il 5 marzo 2014

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[1] European Commission, European Research Area  [ http://ec.europa.eu/research/era/index_en.htm] Spazio Europeo della Ricerca, Ricerca Internazionale, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca website (www.ricercainternazionale.miur.it/era.aspx) – “Lo Spazio europeo della ricerca associa tre concetti:

–      la creazione di “un mercato interno” della ricerca (vero spazio di libera circolazione della conoscenza, dei ricercatori e delle tecnologie) destinato a rafforzare la cooperazione, incentivare la concorrenza ed ottimizzare l’assegnazione delle risorse;

–      una ristrutturazione del tessuto europeo della ricerca, che consiste essenzialmente nel miglioramento del coordinamento delle attività e delle politiche di ricerca nazionali (queste rappresentano in effetti la maggior parte delle ricerche svolte e finanziate in Europa);

–      lo sviluppo di una politica europea che non si limiti al mero finanziamento di attività di ricerca, ma che comprenda anche tutti gli aspetti delle altre politiche nazionali ed europee legate al settore della ricerca.

Comprende gli elementi seguenti:

–      un insieme di risorse materiali e di infrastrutture ottimizzate su scala europea;

–      strumenti e risorse pubbliche utilizzati in modo più coerente;

–      un investimento privato più dinamico;

–      un sistema comune di riferimento scientifico e tecnico per l’attuazione delle politiche;

–      risorse umane più abbondanti e più mobili;

–      un territorio europeo dinamico, aperto e dotato di attrattive per i ricercatori e per gli investitori;

–      uno spazio di valori condivisi.”

[Fonte: Europa, Verso uno spazio europeo della ricerca (SER) http://europa.eu/legislation_summaries/other/i23010_it.htm]

[2] AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[3] Antonio Ruberti e Michel André “Uno spazio Europeo della scienza” 1995 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze

[4] Alma Mater Studiorum A.D. 1088 Università di Bologna. “L’Università di Bologna ha origini molto antiche che la indicano come la prima Università del mondo occidentale. La sua storia si intreccia con quella di grandi personaggi che operarono nel campo della scienza e delle lettere ed è riferimento imprescindibile nel panorama della cultura europea. Il 1088 può ben essere accolto come data convenzionale per indicare il periodo in cui inizia a Bologna un insegnamento libero e indipendente dalle scuole ecclesiastiche.” [fonte http://www.unibo.it/it]

[5] L’Università Cattolica di Lovanio è stata fondata nel 1425 da papa Martino V e d è la più antica università cattolica esistente al mondo e la più antica università nei Paesi Bassi.  [fonte http://www.kuleuven.be/about/history-of-ku-leuven]

[6] “L’Università parigina è stata fondata nel 1253 come collegio per il sostentamento degli studenti poveri dal cancelliere dell’università di Parigi Robert de Sorbon. Frequentato dai migliori allievi dell’università, il collegio si trasformò a sua volta, alla fine del Duecento, in scuola di teologia rinomata per i suoi insegnanti di teologia morale, pur mantenendo a lungo il carattere di collegio universitario.

Gli eventi del maggio 1968 hanno portato allo smembramento dell’antica Università, che venne divisa in sette Università nuove. Quattro di queste (Parigi I, III, IV e V) hanno ancora la propria sede nei locali della Sorbona.

Oggi il complesso urbanistico della Sorbona ospita, oltre alle quattro Università menzionate, cinque strutture: il Rettorato di Parigi, la Cancelleria delle Università, la Biblioteca della Sorbona e due Scuole pubbliche di insegnamento superiore (Ecole Pratique des Hautes Etudes  e Ecole Nationale des Chartes).” [fonte Ambasciata d’Italia a Parigi

http://www.ambparigi.esteri.it/Ambasciata_Parigi/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_Culturale/Universita_Accademie/]

[7] L’Università di Salamanca è stata istituita nel “1218, e nel corso dei secoli ha seguito la sua tradizione educativa basata sull’eccellenza e la qualità. Con la bolla papale concessa dall’allora Sommo Pontefice Alessandro IV, l’università vide riconosciuta la “validità universale” dei suoi titoli.” [fonte   http://internacional.universia.net/espanya/usal/inf_general_it.htm]

[8] Direttore onorario del Centre national de la recherche scientifique (CNRS) francese

[9] Antonio Ruberti e Michel André “Uno spazio Europeo della scienza” 1995 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze (pag. 30)

[10] K. Pomian, L’Europa e le sue nazioni, Il Saggiatore, 1990.

[11] “Il 6 settembre 1994, a Bruxelles, il prof. Antonio Ruberti, Commissario responsabile della ricerca e dell’istruzione, ha aperto la prima sessione plenaria dell’Assemblea europea delle scienze e delle tecnologie. Istituita dalla Commissione per aiutarla ad attuare la politica della ricerca e dello sviluppo tecnologico dell’Unione europea, l’Assemblea riunisce 100 esperti di altissimo livello, rappresentanti della comunità scientifica e del mondo della ricerca industriale europei, tra cui sei premi Nobel.” [fonte Europa, IL COMMISSARIO A. RUBERTI APRE LA PRIMA SESSIONE PLENARIADELL'”ASSEMBLEA EUROPEA DELLE SCIENZE E DELLE TECNOLOGIE”, Commission Européenne – IP/94/813   06/09/1994   http://europa.eu/rapid/press-release_IP-94-813_it.htm?locale=FR]

[12] pag.5 del libro di Antonio Ruberti e Michel André “Uno spazio Europeo della scienza” 1995 Giunti Gruppo Editoriale, Firenze

[13] Commissione Europea (2000). COM(2000) 6 def, “Verso uno Spazio Europeo della Ricerca”, Bruxelles.

[14] Decaro, M. (a cura di) (2011). “Dalla Strategia di Lisbona a Europa 2020, Fra governance e government dell’Unione europea”, Collana Intangibili, Fondazione Adriano Olivetti, Roma. Tutto il materiale edito in questa pubblicazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia. Significa che può essere riprodotto a patto di citare la fonte,di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza.

[15] Conclusioni della Presidenza Consiglio Europeo di Lisbona 23 e 24 Marzo 2000 Consiglio dell’Unione Europea: “L’Unione si è ora prefissata un nuovo obiettivo strategico per il nuovo decennio: diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.”[http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/it/ec/00100-r1.i0.htm]

[16] Commissione Europea (1985). COM(85) 310, “Il completamento del mercato interno: Libro bianco della Commissione per il Consiglio europeo”.

[17] Delors fu Presidente della Commissione Europea dal 1985 al 1995.

[18] Conclusioni della Presidenza, Consiglio Europeo di Barcellona 15 e 16 Marzo 2002, SN 100/1/02 REV 1.

[19] pag18-19 Intervento del Dott. M.Alì AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[20] Legge 9 maggio 1989, n. 168. Istituzione del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica.

[21] “Il Consiglio universitario nazionale (CUN) è organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario. Il CUN formula pareri e proposte al Ministero dell’ Università e della Ricerca, relativamente alle seguente materie:

a)        obiettivi della programmazione universitaria;

b)        criteri per la utilizzazione della quota di riequilibrio del fondo di finanziamento ordinario delle università (F.F.O.);

c)        criteri generali per l’ordinamento degli studi universitari, ai sensi dell’art.17, co.95, della L.15/05/1997 n.127;

d)        regolamenti didattici di ateneo;

e)        settore scientifico-disciplinari;

f)         decreti ministeriali di cui all’art.17, co.69, della citata legge n.127/97;

g)        ogni altra materia che il Ministro dell’ Università e della Ricerca ritenga di sottoporre al parere del CUN.”

[fonte  http://www.cun.it/home.aspx]

[22] pag19-20 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police

[23] Resoconto parlamentare – Atti parlamentari –Camera dei Deputati – X Legislatura – Discussioni – Seduta n.755 del 29 gennaio 1992

[24] pag 20 Intervento del Dott. M.Alì AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[25] Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE): la sua missione è quella “di promuovere politiche in grado di migliorare il benessere economico e sociale delle persone in tutto il mondo.  L’OCSE fornisce un forum in cui i governi possono lavorare insieme per condividere esperienze e cercare soluzioni ai problemi comuni. Lavora con i governi per capire cosa porta a cambiamenti economici, sociali e ambientali. Misura la produttività e flussi globali del commercio e degli investimenti. Analizza e confronta i dati per prevedere le tendenze future.” [fonte : http://www.oecd.org/  OECD website]

[26] pag 20 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[27] pag 20 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[28] Commissione Europea, (2010). “EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, COM(2010) 2020 definitivo, Bruxelles.

[29] Italia Lavoro, Cicciomessere, C. (a cura di) (2010), Europa 2020. Una strategia per l’occupazione e per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.

[30] COMMISSIONE EUROPEA, EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 definitivo

[31] COMMISSIONE EUROPEA, EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM(2010) 2020 definitivo

[32] pag 172 di  Università Cattolica del Sacro cuore, Centro di ricerche per lo studio della Dottrina sociale della Chiesa (2004), “Dizionario di dottrina sociale della Chiesa”, Via e Pensiero, Milano

[33] Sirilli, G. (a cura di) (2010), “La produzione e la diffusione della conoscenza ricerca, innovazione e risorse umane”. Fondazione CRUI.

[34] pag 21 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[35] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, del 6 ottobre 2010, Iniziativa faro Europa 2020: l’Unione dell’innovazione [COM(2010) 546 def. ]. [http://europa.eu/legislation_summaries/research_innovation/general_framework/em0041_it.htm]

[36] Commissione delle comunità europee (1998). “Libro verde sulla dimensione europea dell’istruzione”, COM(93) 457.

[37] pag 21 Intervento del Dott. M.Alì AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[38] Antonio Ruberti, Michel Andrè: Uno spazio europeo della scienza, Roma, 1995

[39] http://europa.eu/about-eu/basic-information/symbols/europe-day/schuman-declaration/index_it.htm

[40] Pozzuoli, Accademia Aeronautica, 17 ottobre 2012 – SEZIONE I:  Verso Horizon 2020, le strategie di coordinamento dei Ministeri e delle Piattaforme tecnologiche di settore – La partecipazione italiana a Horizon 2020 (Dott. Mario Alì)

[41] pag 21-22 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[42]  http://www.romatoday.it/economia/incontro-roma-2020-teatro-argentina.html

[43] Commissione Europea, (2010). Comunicazione della Commissione “EUROPA 2020 Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, COM(2010) 2020 definitivo, Bruxelles.

[44] Servizio Affari Internazionali Ufficio dei rapporti con le Istituzioni dell’Unione europea, PROGRAMMA QUADRO DI RICERCA E INNOVAZIONE (2014-2020) “ORIZZONTE 2020” – Dossier n. 87/DN del 17 gennaio 2012 – A cura di Luca Briasco con la collaborazione di Francesco Meucci

Comunicato stampa della Commissione europea IP/11/1475   http://europa.eu/rapid/press-release_IP-11-1475_it.htm?locale=en

[45] pag 23 Intervento del Dott. M.Alì – AA.VV. “Competizione e governante del sistema universitario” G Giappichelli Editore, 4 giugno 2013, a cura di Eugenio Picozza – Aristide Police.

[46] Decisione 84/130/CEE del Consiglio del 28 febbraio 1984, relativa ad un Programma europeo di ricerca e sviluppo nel campo delle tecnologie e dell’informazione (ESPRIT). GU n. L 67 del 9.3.1984 pag. 54Pubblicazione della Commissione delle Comunità europee.

“Esprit Programma strategico europeo di ricerca e sviluppo sulle tecnologie dell’informazione”.

[47] Commissione Europea – Nuovi fondi, regole migliori, Lussemburgo, 2008

[48] Servizio Informazione Religiosa, L’Italia protagonista nel programma europeo di ricerca (Dott. M. Alì)  http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/12/00277165_l_italia_protagonista_nel_programma_europ.html

[49] United Nations Department of Economic and Social Affairs, Population Division   http://www.un.org/en/development/desa/population/theme/ageing/index.shtml

[50] Alì, M., Cinquepalmi, F. (ed.), (2013), Italian Ministry for Education Universities and Research “Italian Preliminary Position Paper, Moving forward an Ageing Society: Bridging the Distances”, Roma.

[51] Unione Europea http://europa.eu/about-eu/institutions-bodies/council-eu/index_it.htm

[52] Unione Europea, I padri fondatori dell’UE   http://europa.eu/about-eu/eu-history/founding-fathers/index_it.htm

[53] “La nostra patria Europa” Discorso pronunciato alla Conferenza parlamentare europea del 21 aprile 1954 tenutasi Parigi, in A. DE GASPERI, Alcide De Gasperi e la politica internazionale,Roma, Cinque Lune, 1990, Vol. III, pp. 437-440

[54] Italian Ministry for Education Universities and Research, Italian Preliminary Position Paper, Moving forward an Ageing Society: Bridging the Distances, Roma 2013

[55] Servizio Informazione Religiosa, L’Italia protagonista nel programma europeo di ricerca (Dott. M. Alì) http://www.agensir.it/sir/documenti/2013/12/00277165_l_italia_protagonista_nel_programma_europ.html